LE MAROGNE                                  MARANO DI VALPOLICELLA

 

I muri a secco che ridisegnano a gradini i pendii della Valpolicella sono chiamati marogne, un termine che in italiano indica propriamente un informe mucchio di sassi.
Le nostre marogne sono invece frutto di una tecnica costruttiva molto studiata, forse affinata, un paio di secoli fa, quando la nostra gente veniva utilizzata per la costruzione dei forti austriaci intorno alla Chiusa.
Prima di tutto occorreva procurarsi i sassi, o facendo saltare con le mine i grossi massi di calcare che magari intralciavano il campo, o, dove c'erano cave di lastame, utilizzando le laste di scarto (ma allora il muro era costruito a lisca di pesce). Dopo di che si faceva il fosso, scavando il terreno fino allo strato roccioso sottostante, e si iniziava la costruzione del muro, anzi di due muri: uno esterno con i blocchi, più grossi alla base e più leggeri più in alto, ben squadrati e disposti in modo che ognuno si appoggi su due blocchi sottostanti, uno interno (contracassa) fatto col materiale di risulta per assorbire meglio la spinta del terreno.


Nelle marogne più elevate si provvedeva anche a curvare il profilo per aumentare la capacità di resistenza e a ricavare con blocchi sporgenti delle scalette di comunicazione fra una quara e l'altra.
Le marogne erano comunque un manufatto piuttosto delicato e richiedevano una manutenzione ricorrente che si faceva nei mesi invernali. Anche per questo motivo è difficile indicare una datazione precisa: sappiamo che le marogne si diffondono a partire dal XV e che a più riprese sono state rifatte e ampliate: negli inverni più brutti i proprietari delle ville le commissionavano ai propri contadini anche per offrire loro un magro guadagno aggiuntivo.

(G. Viviani)


Le terrazze sostenute da "marogne" bene evidenziate dalla nevicata
Le marogne rivelano il paesaggio rurale dal giornale L'Arena 18/03/2010
       
   
marogna con sasso lavorato in facciata, apprezzato il sasso galina perché facile da lavorare   tecnica a lisca di pesce con lastame proveniente da piccole cave, tipica della parte alta della Valpolicella e della Lessinia
 


La "marogna" veniva costruita con la tecnica del muro a secco, utilizzando solo sassi, di diversa grandezza, raccolti un tempo anche per liberare il terreno e renderlo coltivabile. Provvedendo prima  a liberare le fondamenta dal terriccio per trovare una solida base, si cominciava la costruzione con i massi più grossi partendo con una larghezza anche di un metro e mezzo. La mano esperta del "marognin" sceglieva il sasso adatto da posizionare su quelli sottostanti, stando attento a "legare", cioè far si che poggiasse almeno su due massi in maniera stabile e senza lasciare vuoti. Con il martello aggiustava qualche punto non adatto all'appoggio e qualche protuberanza poco bella da vedere in facciata. Quando possibile il sasso veniva posizionato con la parte più pesante all'interno del muro per renderlo più stabile. Anche all'interno della marogna venivano posizionati correttamente i sassi, con meno accuratezza,  per creare un muro contro il terreno chiamato "contracassa" per assorbirne meglio la spinta. In facciata il posizionamento dei sassi non doveva essere troppo regolare, dovevano essere alternati in base dimensione e con quelli più piccoli riempire tutti i vuoti rimasti, solo per il "cappello" cioè la finitura superiore,  venivano posti sassi uguali e regolari. Anche il riempimento della "cassa", lo spazio tra la parte esterna della marogna e la controcassa, doveva essere eseguito con accuratezza per non lasciare vuoti e stabilizzare i massi posti sul davanti. Il manufatto se fatto a regola d'arte poteva durare e sostenere le spinte del terreno nei periodi piovosi drenando l'acqua in sovrappiù, adattandosi col tempo alla morfologia del terreno nei punti più critici. La manutenzione comunque era continua sia per la pulizia da infestanti sia per la ricostruzione dei tratti che dopo evidenti pancioni, cedevano.
 

Le marogne oltre ad avere il compito di frenare il dilavamento e rendere il terreno più sicuro, dal punto di vista ecologico sono portatrici di biodiversità. Le piante lì insediate si vengono a trovare in un terreno non umido quindi si evita la marcescenza delle radici. Grazie all’insolazione, nella stagione fredda questi muri diventano collettori solari: ne hanno bisogno gli olivi, che hanno un apparato radicale molto delicato, ma anche le viti. Un terrazzamento a secco in collina è praticamente un condominio di diversi insetti che trovano ricovero nel muro mantenendo l’equilibrio ecologico; se ne trovano di tutti i tipi, dai più grandi a più piccoli. Tutelare una marogna è tutelare la biodiversità. Sono tante le specie vegetali e animali che popolano le pietre dei muri. Muschi, felci, licheni (preziosi indicatori di qualità dell’aria), e poi ancora la rara Campanula Petrea, lombrichi, millepiedi, aracnidi, insetti e persino qualche ghiro che trova assai confortevole andare in letargo tra le pietre di una marogna.




 

 

Tratto da   MEMORIE DELL'ACCADEMIA D'AGRICOLTURA COMMERCIO E ARTI  DI VERONA

IDEA D'UN ORTO AGRARIO - Giuseppe Tommaselli - 1801

Ma quante difficoltà, quali pene dovetti soffrire per la recredenza de'villani! Che non fecero per impedire la buona vegetazione delle viti, ed arbori, e distruggerne l'effetto? Abituati nel costume di arare il solco profondo alla parte inferiore delle piantagioni, e fare il fosso, nel quale porre in terra le viti, quasi sopra la testa delle così dette Marogne, non si può indurli ad altro metodo . Egli è ben vero, che le piantagioni come usano ricevono alimento, poiché ivi si riduce la terra di continuo rivolta dall' aratro , ed asportata dall' acqua, mentre s'impoverisce la parte superiore del campo; ma deve l'attento coltivatore ogni tre anni farla rimettere all' alto, d'onde si é mossa. Che avviene però? Il contadino per non danneggiarsi nella futura vendemmia, ne leva uno strato leggiere, invece di rimetterla tutta nell'alto, dov'era, per risarcire li campi ; sicché in pochi anni resta la terra molto al di sopra delle marogne medesime. Non trovando l'acqua riposo alla testa delle soprannominate marogne, liberamente scorre colla terra da'più alti a' più bassi luoghi, precipitando nell' infime valli, dalle quali più non si ricupera Di continuo succede, che in più luoghi scava, demolisce arginetti , marogne, schianta gli arbori, e tutto precipitosamente discende per ogni parte ad ingrossar fiumi, e torrenti. A riparo di simili danni ho voluto che le mie viti ne'declivi maggiori piantate fossero a poca distanza dal fondamento delle marogne , facendo levare a profondità nella parte superiore delle stesse marogne la terra portatavi dall'acqua, rimettendola presso a'filari delle viti, cioé al piede delle marogne. Con tal metodo potei risarcire la parte più alta de' campi colla terra discesa inferiormente. Nelle piogge dirottissime s'arrestarono le acque unitamente alla terra nella cavità lasciata lungo le marogne, ed io non ebbi più scapito di terra, né successero in minima parte i disordini, che prima di tal opera nascevano più volle all'anno. Per tal disciplina la terra facilmente viene dai coloni rimessa con poco travaglio, apportando beneficio alle piante; l'acqua ritenuta penetra lentamente al di sotto delle marogne fino alle radici delle piantagioni, le quali non temono più la solita arsura, e li campi conservano lungo tempo freschezza, e divengono più fertili. Ne'luoghi a pendio non divisi da marogne per sostenere la terra, volli eseguita l'industria di approfondare al di sopra del filare delle viti, ed arbori largo solco per guisa , che ne'maggiori acquazzoni mai non si possa dall'umore superarlo, trattenendo in pari tempo la terra. Per questo mezzo imbrigliando l'acqua, la superficie de'campi non soffre danno, si abbeverano le radici d'ogni pianta, s'inumidiscono gli strati più bassi della terra, salvandosi i superiori, poiché non potendo l'acqua superare li suddetti solchi, rimane la terra in questi depositata. Se avviene, che a maggior furia cada la pioggia, per questi solchi si porta ne'laterali fossi, i quali accolgono la terra, ed imbrigliano l' acqua. Il calcolatore comprende la quantità, che ne viene frenata, e ritenuta per questa operazione importantissima tanto per li sommi vantaggi all'agricoltura, che per la gran massa d'acque sospesa, la quale ora si lascia precipitare ne'torrenti, e fiumi. A questo grande riparo vuolsi aggiungerne un altro, con generale regolamento di tutte le strade. Argomento gravissimo non per anco bene organizzato.