Il sindaco di Marano, Giuseppe Zardini, da un po’ di tempo sta portando avanti un’idea. Erigere all’ingresso del territorio comunale il «Monumento alla bicicletta», in bronzo, nella rotonda di Rugolin. Del resto, è caso unico in Italia – e forse al mondo – che un Comune di tremila abitanti, dove tutti sono mezzi parenti e i cognomi si ripetono, vanti contemporaneamente tre ciclisti professionisti, tre campioni, tre atleti vincenti: Davide Formolo, Edoardo Zardini e Giovanni Lonardi. «Tre nativi di famiglie maranesi doc», sottolinea con orgoglio il sindaco, «che quest’anno potrebbero ritrovarsi insieme al Giro d’Italia. Lo speriamo». Giovanni Lonardi, 23 anni, velocista della Nippo Fantini, nel suo primo anno da professionista si è già messo in mostra con alcune vittorie nei Tour di Taiwan e di Thailandia. Edoardo Zardini della Neri Sottoli, 30 anni, amante delle fughe da lontano, nel 2014 ha conquistato tappe importanti nel Giro del Trentino e nel Tour of Britain. E infine il campione d’Italia in carica: Davide Formolo, 27 anni, appena acquisito dall’Uae Emirates. L’anno scorso è salito sul podio della Liegi-Bastogne-Liegi, ha trionfato a Barcellona nell’ultima tappa del Giro di Catalogna, e in giugno, con quaranta chilometri di fuga solitaria, ha agguantato il titolo nazionale, ereditando la maglia tricolore dal concittadino Elia Viviani. Ce n’è abbastanza per mobilitare l’intera Marano, e non solo, in un tifo indiavolato. Dai bambini ai nonni, tutti in paese seguono con trepidante passione le gesta degli eroi maranesi su due ruote. Chi si cimenta in maratone televisive per seguire tappa su tappa al circolo parrocchiale Noi, chi organizza autobus e relative cucine da campo per portare supporto emotivo sui percorsi di gara; chi appende striscioni su ringhiere e poggioli, e chi dedica ai beniamini etichette di vini (già stappato lo ZardoAmarone). PER STRADA. «È una goduria, la domenica, vedere i nostri tre talenti che vanno insieme a sgranchirsi le gambe sulle nostre strade, benché ormai capiti di rado: sono sempre in giro per il mondo», esclama il sindaco Zardini. Quando sfila il trio, lungo la strada è un continuo sbracciarsi. E con un colpo di clacson li saluta anche l’anziano prete, don Luigi Accordini, 91 anni: li ha tenuti tutti e tre a battesimo, quello cristiano, e a Formolo ha personalmente aggiunto pure un nomignolo profano, «el Rocia», per sottolineare sia il nerbo del ragazzo sia la sua provenienza dalla contrada San Rocco. IL SEGRETO. La domanda sorge spontanea: qual è il segreto di Marano da cui si origina una così alta concentrazione di campioni? Sarà forse il buon vino «che fa sangue», scherza qualcuno. Sarà – ipotizza qualcun altro – che, da Valgatara in su, il territorio comunale è in salita, un’ottima palestra, tra l’altro adiacente alla Lessinia, paradiso dei ciclisti. Spiega infatti Giuseppe Degani, maranese, docente di Lettere in pensione del vicino liceo Primo Levi, grande appassionato di ciclismo nonché studioso della storia di questo sport, che dal 1989 al 2000 è stato presidente provinciale della Federazione ciclistica italiana: «L’amore collettivo per i pedali, da noi, risale ad almeno un secolo fa, quando nel 1920 si inaugurò la gara paesana intorno al circuito detto “delle sette fontane”». Dagli anni Cinquanta in poi, nel vivaio maranese sono fioriti Luigi Ugolini di Prognol, il celebre Gìa, di cui Eberardo Pavesi, direttore sportivo e vincitore di 4 Giri d’Italia a inizio ’900, diceva: «Se c’è un corridore in grado di emulare Coppi, quello è Ugolini»; e poi Luciano Conati, vincitore nel 1976 di una tappa al Giro d’Italia; Mirko Allegrini, diverse vittorie fra i dilettanti e professionista dal 2005 al 2008. LE NUOVE LEVE. All’orizzonte c’è già chi corre forte: Federico Tampelin, 16 anni, cugino di Lonardi, ha già vinto decine di gare nelle giovanili, cui si aggiunge il giovanissimo Ismaele Tezza, una promessa con ottimi piazzamenti. «Ma soprattutto», sottolinea il professor Degani, «qui c’è un terreno umano fertile. Papà e zii mettono i bambini in sella già da piccoli. Senza pressioni, per divertirsi». Storie simili. «A esser sinceri, mio figlio fino ai 16 anni ha giocato a calcio», confessa Paolo Lonardi, papà di Giovanni, «improvvisamente ha cambiato strada, forse seguendo l’esempio mio e di mio fratello, che abbiamo sempre pedalato». Formolo andava a vedere le gare di suo fratello Jonathan, che correva per l’Ausonia, «poi ha deciso di entrare nella squadra anche lui», racconta il padre Livio. Vittorio Zardini, zio di Edoardo e titolare della storica trattoria Da Bepi, ricorda emozionato «l’esplosione di gioia collettiva quando mio nipote passò nei professionisti. Alla cronometro di Brentonico c’era tutto il paese di Marano che lo aspettava lungo il percorso». E ora? Bisogna restare affamati. Davanti c’è un’annata di sfide importanti, per tutti. Marano continua a pedalare, sperare, sognare e… tifare. • da l’Arena 01.02.2020