Per Valgatara, possiamo indicare con una buona dose
di probabilità le contrade esistenti agli inizi del
XIV
secolo. È lecito ipotizzare, ma non
possiamo affermarlo con certezza, che alcune delle sedi oggi non più
abitate siano state abbandonate a seguito della crisi demografica
che colpì anche la Valpolicella – come tutto il territorio veronese, e
anzi tutta Europa – nella seconda metà del Trecento. Nel
XII
secolo compare nella documentazione
Maregnago; nel secolo successivo sono menzionate Gnirega e Pozzo. Quest’ultima
contrada aveva probabilmente soppiantato il
vicus Olivedo
risalente al
IX
secolo. Il monastero di San Colombano di
Bobbio possedeva alcune case a Valgatara nel luogo
Segno
o
Insigne, non ubicabile. In
questo periodo erano sicuramente abitate anche le contrade precedentemente
attestate: Cadiloi, Paverno,
Baurago,
Malini.
I centri demici presenti erano dunque numerosi, ma, a quanto consta,
nessuno di essi era denominato Valgatara. Fu il Comune cittadino, al
momento di stilare l’elenco delle
ville districte nel
1184,
a unificare
sotto la denominazione di ‘Valgatara’ questa pluralità di piccoli centri
abitati sparsi nel fondovalle e sulle pendici collinari. A questo
proposito risulta particolarmente significativo
il fatto che la piazza del Comune, dove si radunava la vicinia di
Valgatara, ubicata nel XIII
secolo a Maregnago, non confinasse
con abitazioni ma con il progno, un ‘vaio’ e un prato (VARANINI
1985, 37). |
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Le località che
costituivano il principale punto di riferimento (pertinentie)
generalmente corrispondevano alle
ville elencate dal Comune di
Verona; le ore
sono invece località minori, le vere e
proprie contrade (Domus Luporum,
Prognoli,
Puthey, ecc.), oppure i luoghi
chiamati con un proprio nome.
Ore in pertinenza di
Valgatara: Paradisi,
Barzonali, Cadeloi detta anche
Mulini, Querelarum,
Glare,
Boni, Paverno,
Pratorum de subtus,
Ortorum,
Grone,
Vallis,
Munego, Pozzo detto anche
Santo Stefano, Montis,
Maregnago, Bozi sive Gonpi (ASVr,
VIII Vari, reg.
216,
passim). [f.a.]
(tratto dal libro edito dal comune, Marano Valpolicella,
1999)
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