PARROCCHIA DEI SS FERMO E RUSTICO - VALGATARA | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Le prime notizie che abbiamo sulla chiesa dei Santi Fermo e Rustico risalgano solo alla metà del XV secolo in occasione della visita pastorale del vescovo Ermolao Barbaro alla pieve di San Floriano, è ragionevole presupporne l’esistenza anche in tempi più antichi in relazione allo sviluppo di un insediamento demico, degno già d’essere censito nell’elenco delle ville, che la chiesetta romanica di Santo Stefano, decentrata nella contrada di Pozzo, non doveva essere atta a servire. Di quell’edificio non sappiamo però nulla: forse era lo stesso della visita del Barbaro, ma anche una tale evenienza non c’è di particolare aiuto in quanto le scarne note indirizzate nella circostanza alla chiesa dei Santi Fermo e Rustico non contengono il minimo accenno alla struttura della fabbrica, alla sua consistenza o alle sue linee architettoniche. Ci si sofferma esclusivamente a designarne la condizione di cappella non curata, soggetta alla pieve di San Floriano.Le successive visite pastorali del XVI secolo non sono sull’argomento molto più prodighe di dati. Tuttavia negli Ordinata – ossia le prescrizioni impartite al termine delle visite su quanto da farsi in ogni singola chiesa – della visita del 1529, che tra l’altro dispongono l’imbiancatura delle pareti e soprattutto la fattura del pavimento, di cui il tempio viene trovato sprovvisto, si potrebbe cogliere un tenue segnale di un rifacimento dell’edificio, operato negli anni immediatamente precedenti e non ancora ultimato. E forse una conferma può venire, solo un anno dopo, dall’accorata supplica della gente di Valgatara al vescovo Gian Matteo Giberti affinché si faccia carico d’intervenire presso i chierici della pieve di San Floriano, inducendoli a occuparsi dei lavori necessari alla loro chiesa. Nel 1532 comunque questa non era stata ancora intonacata, mancavano i vetri alle finestre e il contiguo cimitero non era recintato, mentre nel 1541 andava sistemata la sacrestia, tra l’altro ancora senza pavimento. |
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(tratto dal libro edito dal comune, Marano Valpolicella, 1999) |
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