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Luciano Conati

MARANO DI VALPOLICELLA

 

IL GREGARIO. L'avventura dello «scalatorino» di marano di Valpolicella

Luciano Conati
spingeva Saronni
e Baronchelli
Al suo attivo ha sette Giri ed una vittoria. Accadde alla 20esima tappa del 1976. Il «Tista», suo capitano di allora, gli disse: «Vai». Lui arrivò da solo a Comano
giornale e-mail print Sabato 07 Maggio 2011 INSERTI, pagina 72

Luciano Conati primo sul traguardo di Comano Terme nel 1976Giambattista Baronchelli gli dava spazio. Il 10 giugno 1976, sulla strada verso Comano Terme, gli dice: «Vai». E Luciano Conati va a compiere il suo capolavoro, a vincere la 20esima tappa del Giro d'Italia, entrando nella storia della corsa rosa. Giuseppe Saronni, invece, lo vuole sempre attaccato alla sua ruota. «Avevamo», spiega, «le stesse misure, la stessa bicicletta e all'occasione gliela passavo. Ero sempre con lui, eravamo compagni di stanza». Tista e Beppe sono i due capitani nei sette Giri d'Italia dello scalatorino di marano di Valpolicella, cresciuto nell'Uc Veronese, richiamato sulla bici da Guido Zamperioli («Venne a suonarmi il campanello di casa: io pensavo di aver chiuso con il ciclismo») che lo convinse a non smettere di correre, a provare un altro anno con il Gs Ponton aprendogli la prospettiva del professionismo. «Baronchelli è un'anima gentile, Saronni educato e riflessivo nonostante i vent'anni al suo esordio tra i professionisti». Ma sono diversi nel rapporto con il gregario. «Tista era uno tranquillo: si stava bene con lui, era riconoscente e qualche volta ti lasciava libero di fare la tua corsa. Poi è arrivato Saronni....». Lui non lo dice, ma addio alle occasioni personali.
Una l'aveva avuta anche con Baronchelli. Racconta Conati: «Al Giro 1974 ero in fuga nella 14esima tappa, verso Sanremo. Avevamo 3-4 minuti di vantaggio. Arriva l'ammiraglia e mi ferma in vista dell'ultima salita per aiutare Baronchelli, che poi avrebbe insidiato il successo finale a Merckx arrivandogli a 12". Così vinse Perletto con 21" su Panizza e 40" su Tista. Ma io quella tappa l'avrei vinta perché non avevo tirato un metro. A fine corsa il mio direttore sportivo Chiappano mi ha detto: Abbiamo sbagliato. Peccato. Sarebbe stato un bel colpo vincere una tappa del Giro già al secondo anno di professionismo».
La musica cambia con Saronni. «Ero la sua ombra. Sempre con lui, giorno e notte. Dovevo stargli dietro, mai davanti. Una volta si ferma per fare pipì: lui non mi avvisa ed io non me ne accorgo. Subito arriva l'ammiraglia a dirmi: Ma dov'è Beppe? Devi aspettarlo! Era anche stressante correre così». Tanto più per uno che aveva «l'argento vivo addosso», che sarebbe stato «portato ad attaccare e, là davanti, attaccare ancora». Ma non ci sono rimpianti: «Se non quello di avere avuto qualche giorno in più di libertà, ma da Saronni in poi non ne ho avuto uno». Luciano Conati ha smesso dopo aver «vinto» un Giro nel 1979: il primo di Saronni. «Potevo continuare, ma avevo già acquistato i macchinari per una pasticceria. Chiappano mi disse persino che mi avrebbe ripreso dopo un anno di inattività se avessi voluto, ma io ormai avevo già dieci chili in più e non ci pensavo proprio».
Conati, in sette anni di professionismo e sette Giri d'Italia (dal 1973 al 1979) ha vissuto «la rivalità di Baronchelli e Moser, che innervosiva un po' il Tista» e quella «tra Moser e Saronni». C'era negli ultimi due Giri vinti da Merckx («Se corresse adesso non ce ne sarebbe per nessuno, così come allora»). Ed un cruccio ce l'ha ancora: «Avrei voluto correre un anno senza dover spingere i capitani». Allora era consentito o, almeno, la giuria chiudeva un occhio: «Ma dall'anno dopo, proprio quando ho smesso io, gregari e capitani hanno fatto un patto di non dare più spinte e di non richiederle». E quel patto fu rispettato.
Prima, invece, era davvero un martirio per i poveri gregari. «Verso Boscochiesanuova, nel Giro del 1979, con Saronni in maglia rosa, avevamo preso un richiamo perché Beppe si era attaccato. Voleva un'altra spinta e io a dire Ma guarda che ci vedono. Ma lui: No, no spingi. Ed io spingo. Se c'era una salita la cominciavo in testa e a forza di tironi mi ritrovavo in coda».
Luciano Conati, adesso, aggiusta le biciclette. Nel suo negozio c'è la foto della vittoria a Comano Terme. Sette Giri d'Italia non si dimenticano. E precisa: «In uno figuro ritirato perché nell'ultima tappa, in circuito a Milano, ho bucato. Mancavano 10 chilometri al traguardo e mi dissero di andare all'albergo perché alla sera avrei dovuto correre un circuito a Castelfranco. E mi sono trovato fuori dalla classifica finale». Un affronto che andrebbe cancellato ma che non getta nessuna ombra su una carriera da gregario ma sempre vissuta in prima linea.

 

da L'Arena