<%@ Language=JavaScript %> Marano di Valpolicella

 

DIPINTI DELLA CHIESA DI

MARANO DI VALPOLICELLA

 

da  l'Arena - mercoledì 13 ottobre 2004 provincia pag. 25

La parrocchiale fu ampliata negli anni Venti, quando fu innalzata la cupola ora simbolo del paese
Chiesa decorata grazie alle bombe
Un pittore sfollato in paese per salvare i figli dipinse tutti gli interni

Il progetto per la costruzione della nuova chiesa parrocchiale di Marano è di don Giuseppe Trecca. L’opera si rese necessaria per i gravi problemi di stabilità della vecchia chiesa settecentesca, che fu chiusa definitivamente ai fedeli nel 1921. Il 30 settembre dell’anno successivo venne posata e benedetta la prima pietra del nuovo edificio, che con la sua cupola avrebbe arricchito il paesaggio di un elemento assurto a simbolo del paese. Il 23 novembre del 1924 vi fu trasportato il Santissimo e due mesi si procedette alla inaugurazione solenne da parte del vescovco di Verona, monsignor Girolamo Cardinale, alla presenza di una folla di parrocchiani entusiasti.
I parrocchiani che parteciparono alla costruzione del tempio con spontanee elargizioni. Alla fine la spesa totale fu di 650mila lire, quasi il doppio del preventivato, a causa dell’imprevista necessità di alcune palafitte per il sostegno delle colonne e dell’ala meridionale della chiesa.
Gli interni furono decorati e affrescati tra il 1944 e il 1947 dal pittore veronese Aldo Tavella e dal decoratore Ettore Cavazza. Nel 1993 sono stati eseguiti i lavori per la definitiva tinteggiatura esterna e per il rifacimento del tett o. Aldo Tavella, che oggi ha 95 anni, è tornato in visita a Marano di recente. Negli anni della seconda guerra mondiale era sfollato in località Pezza; dipinse quattro lunette con le scene dell’Annunciazione, della Natività, della morte di San Giuseppe e della Crocifissione, i quattro evangelisti, le virtù teologali e le decorazioni nella cupola. «Quando arrivai qui nell’ottobre del 1943, con mia moglie e cinque dei miei figli», ricorda il pittore, «avevo già ricevuto la commissione di tutto il lavoro e mi ci dedicai fino al 1946». (g.r.)