da l'Arena - mercoledì 13 ottobre 2004 provincia pag. 24
Dai trombini ai Balilla quanta storia è passata
La storia dei soprannomi è legata a professioni, a luoghi, a eventi o
situazioni particolari del passato. Soprannomi di famiglia o nomignoli ad
personam hanno origine certa, come el Mussa, che era carrettiere, o Magnapàn
che era il pistòr (panettiere); ci sono soprannomi dall’etimologia incerta,
anche se talvolta intuibile, come Gatàr, Ciòndolo, Pìrlo, Làa, Cònfa, Urlòn,
Agata, Magnamòra, Tomba, Pignàto, Tamùco, Balànsa e Ragòso.
I soprannomi comunque erano (e spesso sono ancora oggi) un’eredità familiare
e hanno sempre fatto parte del corredo anagrafico personale, talvolta
indispensabili per rintracciare una persone. A Valgatara, per esempio, chi
cercava un qualsiasi Ferrari doveva necessariamente accompagnare il nome a
Brancagnochi, Bassi, Bèrti o Pistòri. Queste ultime, nella fattispecie,
erano ramificazioni spuntate con lo svilupparsi delle generazioni dal tronco
principale Brancagnochi, etimologicamente nato dall’omonima contrada sopra
Villa da cui la famiglia è partita.
I soprannomi spesso cambiavano a seconda degli eventi della vita. Alcuni
Cògni, una volta emigrati, hanno poi assunto quello del toponimo di Cadenìso,
la contrada di San Floriano che li ha accolti. «Altre volte», osserva
Giovanni Viviani, studioso di storia popolare, «i soprannomi venivano
attribuiti dai componenti di uno stesso nucleo, di una stessa corte, e
entravano a far parte del lessico familiare; c’è in essi una forte carica di
ironia e soprattutto rivelano il costante contesto allusivo della
comunicazione popolare, in cui le parole non valgono per quel che
significano, ma cambiano valore a seconda di chi le pronuncia. La regola
aveva una sua codifica a Villa di Valgatara: “Se da Vila te se pasà e no i
t’à batezà, i Cogni i era via e i Berti ’ndormensà”».
Ogni frazione, ogni contrada e ogni corte aveva quindi il suo corredo di
soprannomi. A Valgatara i più comuni erano Biòni, Tomellini, Cògni. Numerosi
sono pure i Galèti, i Laorènti, i Colonèi e i Sèrni (da Cerna). Da contrada
la Torre arrivavano invece Còte, Anzolòni e Garofolìni. Dell’Agnella sono i
Massari. Una curiosità: un tempo il sindaco era chiamato massaro, ma i
Massari di Valgatara nulla hanno a che fare con Pietro Clementi, residente
nella frazione, il più longevo primo cittadino di Marano, decaduto nel
maggio scorso dopo vent’anni di amministrazione. A Prognòl i Dèdi erano
patrimonio dell’intera Valpolicella. La loro notorietà era legata in
particolare alla «machina da bater el formento», l’enorme marchingegno rosso
e giallo che ogni estate i Dèdi spostavano di corte in corte per la
trebbiatura del frumento.
Nella stessa contrada un tempo Savatìn era il poco dignitoso soprannome del
dignitosissimo calzolaio, mentre chissà per quale arcano motivo, Scarpolìn
era quello del meccanico di trattori.
Di San Rocco sono invece gli Animarii, i Nasatèra, i Batistoni, i Miniconi
(da Domenico), i Petoni. Il viaggio tra i soprannomi di Marano si conclude
proprio nel capoluogo, una manciata di case attorno alla piazza, abitate dai
Ròca, dai Giarèti, dai Carli e dai Pioàlta. (g.r.)
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