La grande stagione dell’architettura neoclassica veronese di Cristofoli, Trezza e Barbieri, lasciò tracce visibili anche sul territorio, specie nell’architettura delle ville. Villa Lorenzi, ora Benati, a Canzago di Marano, che domina da posizione emergente la vallata, ne è una delle testimonianze. Essa testimonia anche il vasto consenso che il gusto neoclassico incontrò presso il patriziato veronese. Progettata nel 1790 da Luigi Trezza e portata a termine nel 1792, la villa scaturisce in realtà da un emblematico aggiornamento stilistico di una precedente dimora padronale.
Costituito da un lungo blocco parallelepipedo, l’edificio si innesta, quasi come un corpo estraneo, a se stante, fra le propaggini dei preesistenti edifici rusticali, con i quali, benché fisicamente contiguo, non ricerca più alcuna integrazione architettonica. Il lessico aulico dell’architettura neoclassica sancisce, fra Sette e Ottocento, la definitiva frattura fra il mondo aristocratico e il mondo rurale.
Sulla lunga facciata si concentra l’ostentazione dei segni architettonici del rango sociale. In alto al centro, affilato e asettico, emerge il frontone triangolare. E più sotto si allineano i tre ordini di finestre raccordate da un ritmo costante, spezzato solo dall’apertura del portale e dal finestrone arcuato che dà sul salone. Al piano nobile, la sequenza di finestre è arricchita dal ritmo alterno dei frontoncini curvi e triangolari, mentre più sopra si dispongono le piccole finestre del piano attico, a coronamento della facciata.Luigi Trezza ripropone in villa Lorenzi schemi già lungamente praticati e di matrice dichiaratamente urbana. La penetrazione in campagna del modello del palazzo cittadino contribuisce a irrigidire il prospetto in un’immobile bidimensionalità, appena sfumata dal lieve aggetto della frazione centrale e dalla tenue vibrazione luministica dell’inserto in bugnato a piano terra.
(tratto dal libro edito dal comune, Marano Valpolicella, 1999)