SAFFICA
O duri marmi in seno riposati
Del vetusto Castello di Mararo
Chi v’ha dal lungo sonno alfin destati,
Qual mente mai qual mano?
Sì che per voi sorgesse eccelso Tempio
Meno indegno all’Eterno albergo, e sede,
Gloria ai viventi ed ai futuri esempio
Di religione e fede?
Opera fu del generoso affetto
Di chi il Cielo ci diè Duce Pastore:
Sciolgasi dunque al Prode un canto eletto
Di meritato onore.
Ma ad innalzar la maestosa mole
Concorse pure un popolo credente
Che d’illustri antenati degna prole
Oggi ancora si sente
E tu paesello mio, alza la fronte
Chè ad alcun dei vicini tuoi secondo
Del nome tuo le gloriose impronte
Lasciar volesti al mondo
Vecchia leggenda ancora si conserva
Che gran tesoro il Castellon nasconda,
O l’aurea statua della Dea Minerva
Giù riposi profonda;
Or questi marmi che l’arte e il lavoro
In colonne bianchissime han cangiato
Ecco del Castellone il gran tesoro
A tutti ormai, svelato
O tempio cui sovrasta la serena
Bellezza della Cupola splendente,
O più che reggia d’oro e gemme piena,
Casa del Dio vivente,
Tempio immortal che chiudi in te la gloria
Del Dio Sacramentato e che temuto
Sarai campo di lotta e di vittoria
Trepido ti saluto!
Qui la commossa e la turbata gente
Nell’ore liete e nell’ambasce estreme
A ritemprar la conturbata mente
Spesso verranno insieme.
Se arido un giorno ed ostinato il cielo
Neghi la pioggia o foschi nembi aduni
Qui per placarlo il popolo con zelo
Fia ch’ognor si raduni.
E di donzelle e giovanetti ardenti
S’udrà sovente risuonare il canto
Che dalla terra eleverà le menti
Al Dio tre volte Santo.
Miti ha qui le ansie il povero che crede,
Nè per mutar d’eventi o di fortuna
Si pente dell’avita inclita fede
Ch’apprese dalla cuna.
O quanti voti il popol qui raccolto
Forma in suo cor, quanti pensier felici
Quando pregusta e sogna al ciel rivolto,
Altri beni, altri amici!
E tu, Signor, che sei pietoso e buono
Tu ch’hai mai sempre ogni pia prece accolta
Non negare nel Tempio il tuo perdono,
Le nostre preci ascolta.
D. Andrea Campostrini di Marano