Ventennale
dell’organo Giorgio Carli |
MARANO DI VALPOLICELLA |
Domenica 11 settembre ore 10.45
Organista Marcello Rossi |
Domenica 18 settembre ore 10.45
Organista Francesco Grigolo |
Domenica 25 settembre ore 10.45
Coro polifonico
“città Villafranca” |
Domenica 2 ottobre ore 10.45
Organista Sergio Vartolo |
Sabato 8 ottobre ore 20.30
Concerto per i 20 anni dell’Organo |
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l’Organo nella Liturgia
don Andrea Ronconi, parroco |
documento in pdf |
“Nella Chiesa latina si abbia in grande
onore l’organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è
in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della
Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti”.
Con queste parole il Concilio Vaticano II, nel testo della Costituzione
Sacrosantum Concilium, esprime il valore ed il significato dell’organo,
nel contesto della riflessione sulla liturgia nella Chiesa.
Ritengo che le due sottolineature, per quanto essenziali, del testo
conciliare, ci aiutino a disporci a celebrare il ventennale della
realizzazione dell’organo a canne della nostra Chiesa parrocchiale.
Anzitutto tale strumento “aggiunge notevole splendore alle cerimonie
della Chiesa”. Se la liturgia, sempre come ricorda il Concilio, è “fonte
e culmine di tutta la vita cristiana”, ben comprendiamo come la cura
dell’azione liturgica, il decoro delle celebrazioni, la bellezza
dell’accompagnamento musicale siano elementi imprescindibili, al fine di
compiere devotamente l’opera di Dio. Non è quindi ricerca di uno
splendore fine a se stesso, ovvero ostentazione esteriore di
magnificenza effimera. È invece espressione di un cuore che sa aprirsi
alla lode, sa elevare le proprie invocazioni, sa cantare la gioia di
riconoscersi popolo amato dal Signore. Ed essendo noi cristiani una
comunità credente, non soltanto singoli individui, l’accompagnamento
musicale e quindi il canto corale del popolo di Dio diventano elementi
unificanti, che fondono in armonia i le voci e le menti, facendo di
molte persone un cuor solo e un’anima sola.
In secondo luogo l’organo a canne, più di altri strumenti, favorisce il
dinamismo spirituale, “elevando potentemente gli animi a Dio ed alle
cose celesti”. Esso esalta la verticalità, sottolinea la dimensione
soprannaturale della fede cristiana, orienta il cuore e la mente del
credente al cielo.
Piace ricordare, a conclusione, l’antica antifona, che celebrava la
santità di Cecilia, patrona del canto sacro.
Da tale breve testo, possiamo comprendere l’importanza della musica,
come elemento di elevazione spirituale e di lode al Creatore.
“Cantantibus organis, Cecilia virgo in corde suo soli Domino decantabat
dicens: fiat Domine cor meum et corpus meum inmaculatum ut non confundar”
(Mentre suonavano gli strumenti musicali, la vergine Cecilia cantava nel
suo cuore soltanto per il Signore, dicendo: Signore, il mio cuore e il
mio corpo siano immacolati affinché io non sia confusa). Insieme agli
angeli ed ai santi, anche noi, fatti voce di tutto il creato, eleviamo
oggi e per tutta la nostra vita la lode a Dio: eterna è la sua
misericordia! |
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I miei primi contatti con l’organo di Marano sono alquanto datati.
Risale infatti al 15 ottobre 1982 un sopralluogo voluto dal parroco don
Espedito Albarello allo scopo di verificare le condizioni dell’organo,
da decenni in disuso. Lo strumento era completamente nascosto alla vista
(e, temo, all’udito), difficilmente raggiungibile in un vano
appositamente ricavato dietro la tela posta sulla parete di fondo del
presbiterio. Era lo strumento più eterogeneo che avessi mai visto: Italo
Castagna nel 1947 aveva accostato al precedente organo Zanfretta
(proveniente dalla vecchia chiesa), per altro depauperato di tutti i
registri che non fossero il Ripieno, un secondo organo di fattura
industriale e un Pedale di due fatture ed epoche visibilmente diverse;
una manticeria costituita da un mantice a lanterna e da un precario
mantice flottante, assieme ad una trasmissione meccanico-tubolare
alquanto farraginosa, completavano il quadro. Non meraviglia la voce
secondo cui quest’organo non aveva praticamente mai funzionato:
rappresentava infatti la quintessenza della barbarie in cui una certa
interpretazione della Riforma Ceciliana aveva gettato l’organo italiano.
Presentata la relazione una quindicina di giorni più tardi, non ne seppi
più nulla fino ai primi di febbraio 1988, mese in cui presentai un
progetto organico di recupero dello strumento o meglio del suo materiale
riutilizzabile al fine di costruire un nuovo organo in stile
ottocentesco veneto, da collocarsi direttamente nel vaso dell’edificio e
non più in Coro: tale decisione sollevò una accesa polemica, solo dopo
qualche tempo superata. Nell’anno successivo, una serie di
considerazioni per lo più di carattere acustico (la chiesa ha un tempo
di riverberazione a vuoto di 6’’) assieme alla analisi qualitativa del
materiale superstite, mi hanno convinto della dolorosa necessità di
abbandonare lo stile italiano per uno stile più internazionale,
partitamente tedesco. Nel giugno 1989 presento perciò un nuovo progetto
per un organo ad un Manuale, di quattordici registri reali, che
riutilizzi tutto e solo il materiale di Zanfretta, avendo destinato
quello di Castagna ad un salvifico falò. L’opzione del manuale unico è
dettata dall’entità della somma a disposizione (con conseguente
necessità di scegliere fra quantità e qualità), e dalla indisponibilità
(non sempre a torto) degli organisti professionisti a prestare regolare
servizio liturgico. Il nuovo strumento si presenta racchiuso in una
Cassa iperstatica in castagno massiccio (caso unico a quanto mi è dato
sapere nella recente storia organaria per lo meno diocesana) con
consolle e motivi ornamentali in noce; il tutto lucidato a mano ad
encausto. Sia il disegno della Cassa che più evidentemente quello degli
ornamenti fanno riferimento alla pianta della chiesa. Le due tavole
dipinte a olio e raffiguranti Davide e S. Cecilia sono opera del pittore
negrarese Gianfranco Ghidoli. La consolle è composta di una tastiera di
cinquantotto tasti in ebano con cromatici listati in avorio; di una
pedaliera in noce parallela e diritta di trenta tasti con cromatici
placcati in ebano; di registri a pomello in olivo con cartellini in
pelle. Dietro la tastiera è previsto un vano per un auspicabile piccolo
Brüstwerk che risponda ad una seconda tastiera. La facciata è tutta in
stagno ed affianca a quella di Zanfretta (diversamente disegnata)
quattro canne nuove per lato; la canna maggiore suona Sol1 del
Principale 8’, essendo le prime canne in abete ed interne. La parte alta
della Cassa ospita il somiere del Manuale e quello del Pedale. Il primo,
in noce con separatori in abete è di Zanfretta ed è stato restaurato,
nonostante i gravi problemi dovuti a lunghe e impreviste spaccature
sulla tavola, senza ricorrere ad alcun accorgimento “moderno”; il
secondo, in castagno, è di nuova costruzione e conta di tre stecche. La
parte bassa della Cassa è occupata dalle catenacciature (una in ferro
per il Manuale e una in legno per il Pedale), dalle doppie leve in
rovere per l’azionamento del Pedale, dalla meccanica in ferro dei
registri, nonché dal mantice e dal ventilatore. La disposizione fonica è
emersa analizzando le possibilità offerte dal somiere antico e la mole
del materiale superstite e riutilizzabile, con un occhio attento alla
necessità di ottenere comunque una gamma di timbri che, facilmente
assolta la funzione liturgica dello strumento, ne permettesse il più
largo e pertinente uso in letteratura. L’intonazione è stata oggetto di
attente verifiche, molte essendo le necessità da contemperare: la
coerenza stilistica del suono, la sua intellegibilità, il suo equilibrio
e la sua interazione con l’ambiente. L’adozione di tecniche alquanto
diverse dalla più pratica intonazione italiana, la necessità di
amalgamare il nuovo e il vecchio materiale sonoro, il fatto che quest’ultimo
fosse già intonato in uno stile solamente affine a quello ricercato,
hanno reso questa fase assai interessante ma nel contempo alquanto
faticosa. Il temperamento adottato, coerentemente con le scelte
precedenti, è di tipo inequabile ed assai in uso nella zona culturale
cui l’organo si ispira. Quest’organo, pur con i suoi limiti e
compromessi, vuol essere un buon esempio di costruzione artigianale nel
senso più alto del termine, un poco in polemica, per quel che può
valere, con quanto si va costruendo oggi in Italia (con rare ma
prestigiose eccezioni) con buona pace dell’Arte Organaria.
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