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CENNI
GEOLOGICI
a cura di
GIOVANNI ALBERTINI
Distesa ad
anfiteatro attorno ad una fertile piana torrentizia, fiancheggiata
da ameni rilievi lungo i confini con le valli di Fumane
e di
Negrar,
protetta a
nord dall'allineamento M.
Per, M. La Mare,
M.
Noroni,
si adagia,
suggestiva e riposante, la
conca di Marano.
Situata
nel cuore della Valpolicella, essa si apre largamente a mezzogiorno
ed è coltivata a viti e a ciliegi. I suoi abitanti, che assommano a
circa tre migliaia, sono per lo più distribuiti in piccoli nuclei e
in case sparse, come si conviene a una popolazione la cui attività
preponderante è quella agricola.
Mentre la
storia dell'insediamento umano in essa non differisce
sostanzialmente da quella delle altre vallate della Valpolicella,
alquanto diversa è la storia degli avvenimenti geologici che
precedettero la comparsa dell’uomo nelle dimore preistoriche.
La conca
di Marano si distingue, infatti, per essere stata particolarmente
interessata, sul finire dell'era Secondaria e nella prima metà di
quella Terziaria, da un'intensa attività vulcanica di cui larga
traccia è rimasta sia nei terreni che ne costituiscono il suolo sia
nella morfologia dei suoi dolci declivi, oltre che nella
costituzione del singolare rilievo del
Monte Castelon,
dominante
da ogni lato il paesaggio.
A cento
milioni di anni or sono risalgono le sue più antiche formazioni
rocciose, costituite dai calcari marnosi del Cretaceo superiore (era
Secondaria), affioranti specialmente lungo il
Vaio Prognol,
ai quali
fanno seguito i calcari, più recenti, dell'Eocene (era Terziaria,
iniziata circa sessanta milioni di anni or sono) assai più diffusi
dei primi. Questi calcari derivano, come è noto, dalla cementazione
dei detriti, in gran parte organici, accumulatisi sul fondo del
cosiddetto mare della Tetide, del quale la nostra regione
costituiva una porzione.
La
deposizione, proseguita tranquillamente per quasi tutta l'era
Secondaria, fu disturbata, in seguito, dal vulcanismo, le cui
manifestazioni, preso l'avvio nel Cretaceo, si intensificarono
nell'Eocene. Esse ebbero inizio quando, attraverso larghe bocche
eruttive aperte qua e là sull'uniforme fondale marino da violente
esplosioni, presero a uscire con impeto gas, frammenti di lava e
blocchi rocciosi strappati agli ultimi strati calcarei.
Mentre
nelle acque ribollenti e intossicate una miriade di organismi
trovava rapida morte, i materiali eruttati non gassosi, ricadendo
sul fondale assieme a spoglie organiche, davano luogo a ingenti
depositi dai quali, per cementazione, sarebbe derivata l'estesa e
potente formazione piroclastica (tufi vulcanici, brecciole ecc.).
Durante
l'Eocene, dopo i primi episodi eruttivi a carattere esplosivo si
susseguirono due fasi sedimentarie calcareo-argillose, (la seconda
delle quali corrisponde all'Eocene medio), intervallate dalla
deposizione di una nuova coltre di materiali vulcanici.
Attraverso
gli spessi depositi tufacei si infiltrò, poi, qualche filone
basaltico, né mancarono vere e proprie colate che, però, non
raggiunsero l'estensione di quelle delle valli dell'Alpone e del
Chiampo.
A metà
circa dell'era Terziaria la vallata di Marano giunse a un punto
cruciale della sua storia. Dopo essere rimasta fondo marino per
decine e decine di milioni di anni, essa emerse dalle acque insieme
col rimanente territorio veronese.
Conclusosi
il lungo periodo del sollevamento, il paesaggio ne risultò
completamente cambiato.
Alta sulle
acque si elevava la
Valpolicella,
che appariva saldata a nord-est coll'imponente massa del tavolato
lessineo e dominata a nord-ovest dalla potente ruga dei monti
Pastello
e
Pastelletto.
Nei successivi venticinque
milioni di anni un insieme di cause quali i moti di assestamento,
le spinte orogenetiche tardo-alpine, l'azione erosiva
dell'atmosfera, delle acque selvagge e di quelle inalveate, il
graduale diffondersi delle forme di vita vegetale e animale e,
infine, l'insediamento dell'uomo e lo svilupparsi della sua civiltà
portarono la nostra conca ad assumere l'attuale configurazione.
Le indagini più recenti sulla
costituzione geologica della
conca di Marano
hanno portato nuovi elementi
utili per la soluzione dei problemi stratigrafici, strutturali e
cronologici che la riguardano.
L'esame dei materiali vulcanici
(vulcaniti)
e della loro distribuzione ha
condotto, anzitutto, a due importanti risultati: sarebbero stati
individuati i camini eruttivi di M.
Noroni
e della zona adiacente di Prun, e
sarebbe stata confermata, per il nostro territorio, l'antichità
delle linee tettoniche strutturali. La direzione che le linee di
frattura presentano ai nostri giorni, infatti, sarebbe la medesima
che esse ebbero fin dal tempo della loro formazione, quando furono
segnate esternamente dall'allinearsi dei centri eruttivi (fine
dell'era Secondaria).
Lo studio della serie
stratigrafica visibile tra
Ca' Pazzi
e
Ca' Pistola,
basato specialmente sull'esame
della microfauna fossile, ha rivelato la presenza anche nella nostra
zona di vulcanici risalenti all'era Secondaria (alti livelli del
Cretaceo).
Le osservazioni e le analisi
fatte sugli straterelli crostosi di calcare silico-ferruginoso
(detti hard-grounds)
presenti generalmente
alla base dei sedimenti terziari, hanno condotto ad ammettere che
alla loro formazione abbia contribuito in maniera determinante il
vulcanismo.
Sono stati rilevati, inoltre,
degli scoscendimenti a carico dei calcari eocenici: si crede che
siano stati favoriti dalla presenza dei livelli tufacei soggetti a
imbibizione e dalla pendenza, sia pur lieve, della sottostante
formazione cretacea (territorio attorno a
Marano, Porta, Canzago e Prognol).
Lo stesso
Castelon
che emerge arditamente a guisa di
stretta lama quasi a rompere l'uniformità del paesaggio, dovrebbe
esserne stato interessato. Forse, esso rappresenta veramente ciò
che il nome sembra indicare, e cioè un castello di strati rocciosi
rimasto saldamente impiantato sulle sue fondamenta mentre all'intorno
frane, scoscendimenti e faglie creavano il vuoto.
Esaminando
la costituzione della robusta serie di strati si nota, alla base, un
calcare tenero formato da abbondanti gusci di Foraminiferi (tra cui
le Nummoliti), riferibile all'Eocene inferiore. Sovrapposta a questi
calcari sta una spessa formazione piroclastica, la cui zona
d'affioramento circonda ad anello il nostro rilievo e si può
facilmente osservare lungo la strada che unisce
Pezza
con
San
Rocco,
nella
parte meridionale dell'abitato di San Rocco medesimo e lungo la
nuova strada che congiunge San Rocco con
S. Maria
Valverde.
La stessa
formazione affiora largamente anche altrove come, ad esempio, tutt'attorno
al
M. Per
e lungo i
fianchi del
M. Noroni,
nonché
lungo quelli del più modesto M.
Cornesel,
fino al
Vaio
Camporal.
Sovrapposti ai tufi stanno dei calcari ora compatti, ora marnosi, ad
alghe (Litotamni e Nullipore) e Foraminiferi (Eocene inferiore), cui
segue una seconda formazione piroclastica, sottoposta a un complesso
di calcari compatti a Nummoliti (Eocene medio) che chiudono in alto
la serie. La parte sommitale della serie, con il contatto
tufi-calcari, è ben visibile alla quota di S. Maria Valverde, a
circa cento metri dalla chiesetta, verso monte.
La
successione calcari-tufi-calcari-tufi-calcari ha dato luogo,
localmente, a un complesso stratigrafico ben legato e abbastanza
resistente alle forze demolitrici della natura, che dovettero agire,
e tuttora agiscono, con tanta maggiore energia quanto più elevato e
isolato venne a trovarsi il complesso degli strati per l'insieme dei
fenomeni dinamici che interessarono la zona.
Non
mancano nelle vicinanze rilievi che si sono trovati in analoghe, se
non identiche, condizioni, come ad esempio, quelli, già citati,
dell'allineamento M. Per - M. Noroni, nei quali, però, l'alternanza
dei materiali risulta incompleta.
Da un
punto di vista paesaggistico questi rilievi, benché più elevati in
quota, non godono della felice posizione geografica che può vantare
la svelta cresta del
Monte
Castelon,
dalla
sommità della quale, elevantesi a 58o metri di quota, l'occhio del
visitatore può spaziare su un vastissimo orizzonte: dalle colline
moreniche a sud del lago di Garda fino al Monte Baldo, dal Monte
Carega ai Lessini, e dalle ultime propaggini di questi fino alla
lontana pianura. Forse il turista desideroso semplicemente di pace
si accontenterà di godere la quiete tranquilla che emana da questo
ampio paesaggio, ma all'attento visitatore non può sfuggire che la
principale sua componente è data proprio
dalla
serenità della vallata che si adagia ai suoi piedi, anche se
difficilmente gli accadrà di sospettare di quali terrificanti
sconvolgimenti sia stata teatro, sul nascere, l'amena conca ( ' ).
Nota sulla
cronologia geologica
La «
storia della terra » è stata divisa dai geologi in
Ere
e
Periodi.
Questa
divisione dà soltanto l'idea dell'età
relativa
delle
varie formazioni geologiche, ma oggi, in seguito all'applicazione
dei metodi basati sulla radioattività, si hanno dati abbastanza
attendibili anche per quanto riguarda l'età assoluta.
Le Ere
sono cinque:
Arcaica (o
Arcbeozoica,
la più
antica),
Primaria
(o Paleozoica), Secondaria (o Mesozoica), "Terziaria (o Cenozoica)
e
Quaternaria (o Neozoica).
L'era
Arcaica è
stata
suddivisa nei due periodi
Arcbeano
e
Algonchiano.
Essa
avrebbe avuto una durata
minima
di 2300
milioni di anni (è da notare che secondo le ricerche di vari autori
l'età assoluta della crosta terrestre sarebbe compresa fra tre e
otto miliardi di anni). L'era Arcaica non è rappresentata in Italia
(qualche dubbio per la Sardegna).
All'era
Primaria,
suddivisa
nei periodi
Cambriano,
Siluriano, Devoniano, Carboni/ero e Permiano, si
assegna
una durata di circa 360 milioni di anni. Il
Cambriano
sarebbe
iniziato da 550 a 6oo milioni d'anni or sono. Nessun affioramento di
rocce paleozoiche appare nel Veronese: il più vicino si trova nella
conca di Recoaro e riguarda le filladi quarzifere che costituiscono
il basamento cristallino della potente formazione
sedimentaria mesozoica dei
Lessini e delle altre regioni circostanti.
L'era Secondaria, che comprende
i periodi Triassico, Giurese e Cretaceo, avrebbe avuto una durata di
13o-14o milioni di anni. Le formazioni mesozoiche sono assai diffuse
nella zona collinare e montuosa del Veronese, ma nella conca di
Marano è rappresentato soltanto il Cretaceo, che si distingue,
generalmente, in Cretaceo medio-inferiore e Cretaceo superiore, il
primo con calcari marnosi, compatti, selciferi, assai fratturati, il
secondo col caratteristico orizzonte della Scaglia, che dà il
lastame di Prun.
L'era Terziaria, che comprende,
tradizionalmente, l'Eocène, l'Oligocène, il Miocene e il Pliocène,
avrebbe avuto una durata valutabile dai 6o ai 65 milioni di anni.
L'Eocène,
largamente rappresentato nella
conca di Marano e caratterizzato dai calcari nummolitici, viene
diviso, di solito, in tre parti: inferiore,
medio
e superiore (nel testo si è
seguita questa divisione). Gli studi di micropaleontologia degli
ultimi quindici anni hanno, però, modificato il quadro della prima
parte dell'era Terziaria, riconoscendo l'esistenza, alla base di
essa, di un quinto periodo (divenuto, cronologicamente, il primo),
detto Paleocène, formato, all'incirca, dalla parte inferiore
dell'Eocène e da quella sommitale del Cretaceo.
Infine l'era Quaternaria
comprende il Pleistocène e l'Olocène. Il Pleistocène è stato
caratterizzato dalle invasioni glaciali e dalla comparsa dell'uomo.
L'Olocène è il periodo attuale. La durata dell'era Quaternaria è,
oggi, valutata intorno a 6oo.ooo anni.
(i) Devo
alcuni particolari della serie stratigrafica del Castelon alla
squisita gentilezza dell'amico dr. Romano Rizzotto al quale mi è
gradito porgere un cordiale e vivo ringraziamento.
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