Marano di Valpolicella - libro edito nel 1967

MARANO DI VALPOLICELLA

 

 

 

 

CENNI GEOLOGICI a cura di GIOVANNI ALBERTINI

Distesa ad anfiteatro attorno ad una fertile piana torrentizia, fiancheggiata da ameni rilievi lungo i confini con le valli di Fumane e di Negrar, protetta a nord dall'allineamento M. Per, M. La Mare, M. Noroni, si adagia, suggestiva e riposante, la conca di Marano.

Situata nel cuore della Valpolicella, essa si apre largamente a mezzogiorno ed è coltivata a viti e a ciliegi. I suoi abitanti, che assommano a circa tre migliaia, sono per lo più distribuiti in piccoli nuclei e in case sparse, come si conviene a una popolazione la cui attività preponderante è quella agricola.

Mentre la storia dell'insediamento umano in essa non differisce sostanzialmente da quella delle altre vallate della Valpolicella, alquanto diversa è la storia degli avvenimen­ti geologici che precedettero la comparsa dell’uomo nelle dimore preistoriche.

La conca di Marano si distingue, infatti, per essere stata particolarmente interessata, sul finire dell'era Secondaria e nella prima metà di quella Terziaria, da un'intensa attività vulcanica di cui larga traccia è rimasta sia nei terreni che ne costituiscono il suolo sia nella morfologia dei suoi dolci declivi, oltre che nella costituzione del singolare rilievo del Monte Castelon, dominante da ogni lato il paesaggio.

A cento milioni di anni or sono risalgono le sue più antiche formazioni rocciose, costituite dai calcari marnosi del Cretaceo superiore (era Secondaria), affioranti specialmente lungo il Vaio Prognol, ai quali fanno seguito i calcari, più recenti, dell'Eocene (era Terziaria, iniziata circa sessanta milioni di anni or sono) assai più diffusi dei primi. Questi calcari derivano, come è noto, dalla cementazione dei detriti, in gran parte organici, accumulatisi sul fondo del cosiddetto mare della Tetide, del quale la nostra re­gione costituiva una porzione.

La deposizione, proseguita tranquillamente per quasi tutta l'era Secondaria, fu disturbata, in seguito, dal vulcanismo, le cui manifestazioni, preso l'avvio nel Cretaceo, si intensificarono nell'Eocene. Esse ebbero inizio quando, attraverso larghe bocche eruttive aperte qua e là sull'uniforme fondale marino da violente esplosioni, presero a u­scire con impeto gas, frammenti di lava e blocchi rocciosi strappati agli ultimi strati calcarei.

Mentre nelle acque ribollenti e intossicate una miriade di organismi trovava rapida morte, i materiali eruttati non gassosi, ricadendo sul fondale assieme a spoglie organiche, davano luogo a ingenti depositi dai quali, per cementazione, sarebbe derivata l'estesa e potente formazione piroclastica (tufi vulcanici, brecciole ecc.).

Durante l'Eocene, dopo i primi episodi eruttivi a carattere esplosivo si susseguirono due fasi sedimentarie calcareo-argillose, (la seconda delle quali corrisponde all'Eocene medio), intervallate dalla deposizione di una nuova coltre di materiali vulcanici.

Attraverso gli spessi depositi tufacei si infiltrò, poi, qualche filone basaltico, né mancarono vere e proprie colate che, però, non raggiunsero l'estensione di quelle delle valli dell'Alpone e del Chiampo.

A metà circa dell'era Terziaria la vallata di Marano giunse a un punto cruciale della sua storia. Dopo essere rimasta fondo marino per decine e decine di milioni di anni, essa emerse dalle acque insieme col rima­nente territorio veronese.

Conclusosi il lungo periodo del solleva­mento, il paesaggio ne risultò completa­mente cambiato.

Alta sulle acque si elevava la Valpolicella, che appariva saldata a nord-est coll'imponente massa del tavolato lessineo e domi­nata a nord-ovest dalla potente ruga dei monti Pastello e Pastelletto.

Nei successivi venticinque milioni di anni un insieme di cause quali i moti di assesta­mento, le spinte orogenetiche tardo-alpine, l'azione erosiva dell'atmosfera, delle acque selvagge e di quelle inalveate, il graduale diffondersi delle forme di vita vegetale e animale e, infine, l'insediamento dell'uomo e lo svilupparsi della sua civiltà portarono la nostra conca ad assumere l'attuale configurazione.

Le indagini più recenti sulla costituzione geologica della conca di Marano hanno portato nuovi elementi utili per la soluzione dei problemi stratigrafici, strutturali e cronologici che la riguardano.

L'esame dei materiali vulcanici (vulcaniti) e della loro distribuzione ha condotto, anzitutto, a due importanti risultati: sarebbero stati individuati i camini eruttivi di M. Noroni e della zona adiacente di Prun, e sarebbe stata confermata, per il nostro terri­torio, l'antichità delle linee tettoniche strutturali. La direzione che le linee di frattura presentano ai nostri giorni, infatti, sarebbe la medesima che esse ebbero fin dal tempo della loro formazione, quando furono segnate esternamente dall'allinearsi dei centri eruttivi (fine dell'era Secondaria).

Lo studio della serie stratigrafica visibile tra Ca' Pazzi e Ca' Pistola, basato specialmente sull'esame della microfauna fossile, ha rivelato la presenza anche nella nostra zona di vulcanici risalenti all'era Secondaria (alti livelli del Cretaceo).

Le osservazioni e le analisi fatte sugli straterelli crostosi di calcare silico-ferruginoso (detti hard-grounds) presenti generalmente alla base dei sedimenti terziari, hanno condotto ad ammettere che alla loro formazione abbia contribuito in maniera deter­minante il vulcanismo.

Sono stati rilevati, inoltre, degli scoscendimenti a carico dei calcari eocenici: si crede che siano stati favoriti dalla presenza dei livelli tufacei soggetti a imbibizione e dalla pendenza, sia pur lieve, della sottostante formazione cretacea (territorio attorno a Ma­rano, Porta, Canzago e Prognol). Lo stesso Castelon che emerge arditamente a guisa di stretta lama quasi a rompere l'uniformità del paesaggio, dovrebbe esserne stato interes­sato. Forse, esso rappresenta veramente ciò che il nome sembra indicare, e cioè un ca­stello di strati rocciosi rimasto saldamente impiantato sulle sue fondamenta mentre all'intorno frane, scoscendimenti e faglie creavano il vuoto.

Esaminando la costituzione della robusta serie di strati si nota, alla base, un calcare tenero formato da abbondanti gusci di Fora­miniferi (tra cui le Nummoliti), riferibile all'Eocene inferiore. Sovrapposta a questi calcari sta una spessa formazione piroclastica, la cui zona d'affioramento circonda ad anello il nostro rilievo e si può facilmente osservare lungo la strada che unisce Pezza con San Rocco, nella parte meridionale dell'abitato di San Rocco medesimo e lungo la nuova strada che congiunge San Rocco con S. Maria Valverde. La stessa formazione affiora largamente anche altrove come, ad esempio, tutt'attorno al M. Per e lungo i fianchi del M. Noroni, nonché lungo quelli del più modesto M. Cornesel, fino al Vaio Camporal.

Sovrapposti ai tufi stanno dei calcari ora compatti, ora marnosi, ad alghe (Litotamni e Nullipore) e Foraminiferi (Eocene inferiore), cui segue una seconda formazione piroclastica, sottoposta a un complesso di calcari compatti a Nummoliti (Eocene medio) che chiudono in alto la serie. La parte sommitale della serie, con il contatto tufi-calcari, è ben visibile alla quota di S. Maria Valverde, a circa cento metri dalla chiesetta, verso monte.

La successione calcari-tufi-calcari-tufi-calcari ha dato luogo, localmente, a un complesso stratigrafico ben legato e abbastanza resistente alle forze demolitrici della natura, che dovettero agire, e tuttora agiscono, con tanta maggiore energia quanto più elevato e isolato venne a trovarsi il complesso degli strati per l'insieme dei fenomeni dinamici che interessarono la zona.

Non mancano nelle vicinanze rilievi che si sono trovati in analoghe, se non identiche, condizioni, come ad esempio, quelli, già citati, dell'allineamento M. Per - M. Noroni, nei quali, però, l'alternanza dei materiali risulta incompleta.

Da un punto di vista paesaggistico questi rilievi, benché più elevati in quota, non godono della felice posizione geografica che può vantare la svelta cresta del Monte Castelon, dalla sommità della quale, elevantesi a 58o metri di quota, l'occhio del visitatore può spaziare su un vastissimo orizzonte: dalle colline moreniche a sud del lago di Garda fino al Monte Baldo, dal Monte Carega ai Lessini, e dalle ultime propaggini di questi fino alla lontana pianura. Forse il turista desideroso semplicemente di pace si accontenterà di godere la quiete tranquilla che emana da questo ampio paesaggio, ma all'attento visitatore non può sfuggire che la principale sua componente è data proprio dalla serenità della vallata che si adagia ai suoi piedi, anche se difficilmente gli accadrà di sospettare di quali terrificanti sconvolgimenti sia stata teatro, sul nascere, l'amena conca ( ' ).

Nota sulla cronologia geologica

La « storia della terra » è stata divisa dai geologi in Ere e Periodi. Questa divisione dà soltanto l'idea dell'età relativa delle varie formazioni geologiche, ma oggi, in seguito all'applicazione dei metodi basati sulla radioattività, si hanno dati abbastanza attendibili anche per quanto riguarda l'età assoluta.

Le Ere sono cinque: Arcaica (o Arcbeozoica, la più antica), Primaria (o Paleozoica), Secondaria (o Meso­zoica), "Terziaria (o Cenozoica) e Quaternaria (o Neo­zoica).

L'era Arcaica è stata suddivisa nei due periodi Ar­cbeano e Algonchiano. Essa avrebbe avuto una durata minima di 2300 milioni di anni (è da notare che se­condo le ricerche di vari autori l'età assoluta della crosta terrestre sarebbe compresa fra tre e otto miliardi di anni). L'era Arcaica non è rappresentata in Italia (qualche dubbio per la Sardegna).

All'era Primaria, suddivisa nei periodi Cambriano, Siluriano, Devoniano, Carboni/ero e Permiano, si asse­gna una durata di circa 360 milioni di anni. Il Cam­briano sarebbe iniziato da 550 a 6oo milioni d'anni or sono. Nessun affioramento di rocce paleozoiche ap­pare nel Veronese: il più vicino si trova nella conca di Recoaro e riguarda le filladi quarzifere che costitui­scono il basamento cristallino della potente formazione sedimentaria mesozoica dei Lessini e delle altre regioni circostanti.

L'era Secondaria, che comprende i periodi Triassico, Giurese e Cretaceo, avrebbe avuto una durata di 13o-14o milioni di anni. Le formazioni mesozoiche sono assai diffuse nella zona collinare e montuosa del Ve­ronese, ma nella conca di Marano è rappresentato sol­tanto il Cretaceo, che si distingue, generalmente, in Cretaceo medio-inferiore e Cretaceo superiore, il primo con calcari marnosi, compatti, selciferi, assai fratturati, il secondo col caratteristico orizzonte della Scaglia, che dà il lastame di Prun.

L'era Terziaria, che comprende, tradizionalmente, l'Eocène, l'Oligocène, il Miocene e il Pliocène, avrebbe avuto una durata valutabile dai 6o ai 65 milioni di anni. L'Eocène, largamente rappresentato nella conca di Marano e caratterizzato dai calcari nummolitici, viene diviso, di solito, in tre parti: inferiore, medio e supe­riore (nel testo si è seguita questa divisione). Gli studi di micropaleontologia degli ultimi quindici anni hanno, però, modificato il quadro della prima parte dell'era Terziaria, riconoscendo l'esistenza, alla base di essa, di un quinto periodo (divenuto, cronologicamente, il pri­mo), detto Paleocène, formato, all'incirca, dalla parte inferiore dell'Eocène e da quella sommitale del Cre­taceo.

Infine l'era Quaternaria comprende il Pleistocène e l'Olocène. Il Pleistocène è stato caratterizzato dalle invasioni glaciali e dalla comparsa dell'uomo. L'Olocène è il periodo attuale. La durata dell'era Quaternaria è, oggi, valutata intorno a 6oo.ooo anni.

(i) Devo alcuni particolari della serie stratigrafica del Castelon alla squisita gentilezza dell'amico dr. Romano Rizzotto al quale mi è gradito porgere un cordiale e vivo ringraziamento.