CENNI
STORICI
a cura
di MICHELE CASTELLANI
La
tradizione popolare narra che il console C. Mario, dopo aver
trionfato nel 102 a. C. sui Teutoni, saputo che le vicende di guerra
del collega Lutazio Catulo non procedevano bene, mosse contro i
Cimbri che, arrivati sopra Trento, scendevano dalle Alpi « slittando
sugli scudi ».
C. Mario,
ricongiuntosi al collega, diede battaglia ai Cimbri e li sconfisse
ai Campi Raudii, località che, a giudizio di alcuni storici ed
eruditi, dovrebbe collocarsi nella pianura veronese, non lontano
dalla città. 1 veronesi, che molto avevano aiutato la vittoria,
uscirono ad incontrare Mario e lo condussero trionfante in città.
Fermatosi qui, ordinò la fabbrica di un Castello in Valpolicella,
che in
onore del
suo nome si chiamò Mariano] -La leggenda popolare mostra
ancora i ruderi del Castello nella località Castelon in Marano
e in tal modo spiega anche l'origine del nome dato al Comune.
Per avere
tuttavia altre documentazioni archivistiche - dopo il diploma di re
Berengarío dell'anno 905 - dobbiamo risalire al secolo XIII.
Nel 1283
Marano era comune e il Sindaco di esso compiva alcune locazioni: in
una di queste, tra le delimitazioni di confine, è ricordata «
marogna que fuit facta occasione castri Marani ».
Nell'epoca
della Signoria Scaligera la Valpolicella fu costituita in feudo a
Federico della
Scala,
cugino di Cangrande, che assunse il titolo di conte della
Valpolicella. Egli aveva il suo castello in Marano. Questo venne a
lui confermato l'11 febbraio
1311
dall'imperatore Arrigo VII in Milano, per la devozione che lo
scaligero gli aveva dimostrata. Nell'atto scritto dal notaio Isacco
si legge: « ... il Castello di Marano in Valpolicella con le
giurisdizioni, onori...».
Forse
questo fu ampliamento dell'antico castello di Mario o fu edificato
sui ruderi di quello.
Federico
della Scala governava la Valpolicella dal castello di Marano e, in
quella epoca, Marano assurse ad un posto non indifferente.
Nell'estate del 1325 ammalatosi assai gravemente Cangrande, Federico
della Scala, non contento del suo feudo della Valpolicella, cercò di
farsi riconoscere Signore di
tutti i domini scaligeri,
a danno degli eredi legittimi.
Ma un insperato miglioramento di Cangrande gli fece espiare il
tentativo con la prigione e il bando, che venne dato a lui e a tutta
la sua famiglia il 14
settembre di quello stesso anno.
Il castello di Marano venne allora abbattuto e non risorse più.
Cessata la Signoria degli Scaligeri nel
1402, dopo varie vicende,
Verona, per spontanea dedizione (1405),
passò alla Serenissima Repubblica di Venezia. Durante questo
periodo la Valpolicella costituì un Vicariato, con sede in S.
Pietro Incariano.
Uno dei Vicari piú celebri fu Jacopo da Marano che, in occasione
della guerra tra la Repubblica Veneta e il Ducato di Milano, si
distinse per fierezza e coraggio nel presidio della Chiusa, presso
Volargne, e per l'aiuto decisivo che seppe dare alle truppe di
Francesco Sforza nel respingere dalla città di Verona, il
2o novembre
1439, le milizie di
Picciníno, a servizio del duca milanese Filippo Maria Visconti.
Il governo veneziano, a seguito del successo ottenuto, decretò
onori allo Sforza e ai suoi collaboratori, tra i quali fu in
primissimo piano Jacopo da Marano.
Il nome di costui rimase
nel tempo come sinonimo di coraggio e di lealtà ed è
ancor oggi motivo di orgoglio per
tutti i maranesi.
Sotto il dominio della
Serenissima, il Vicariato della Valpolicella godette di operosa
tranquillità che, si può dire, ben di rado fu turbato e durò sino al
1805 quando le vittoriose armate francesi imposero una nuova
distinzione amministrativa.
In quell'anno il territorio
veronese fu diviso in due
distretti (quello di
Verona e di
Legnago). ed ogni
distretto suddiviso in
cantoni e Marano fu
assegnato a quello di S. Pietro In Cariano. Tale situazione
amministrativa rimase pressappoco immutata anche con il ritorno del
dominio austriaco.
Nel 1866, con l'unione del Veneto
al Regno d'Italia, Marano inizia la sua autonoma vita di comune,
attivamente partecipando alle vicende della Patria.
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