MARANO DI VALPOLICELLA

Durante l'epoca romana la valle era parte di quel Pagus degli Arusnati che si estendeva su tutta l'odierna Valpolicella. Proprio sul Castelon di Marano - pressappoco ove ora sorge la chiesa di Santa Maria Valverde - sul pendio del monte che guarda dunque San Rocco, sorgeva un tempio dedicato a Minerva i cui resti apparvero negli scavi del 1836 ed erano ancora visibili nel 1929. Poiché può essere utile una migliore localizzazione dei resti, vediamo quanto scrive al riguardo Olindo Falsirol: "lì tempio si trovava a sinistra di chi, scendendo dalla chiesetta di Santa Maria, si diriga a San Rocco per la stradetta che percorre il versante meridionale e poi orientale del monte.

 

La campana di Federico della Scala, fusa nel 1321 per la torre del suo castello di Marano.

 

Precisamente sorgeva poco addentro dove ora è la coara, spesso ridotta a scavezzaia, che viene imboccata dalla processione quando questa, nel giorno della festa della Madonna, gira attorno al monte stesso". Poi, come spesso succede, abbattuto ancora in età altomedioevale il tempio a Minerva, venne costruito, in suo luogo, un piccolo santuario dedicato alla Vergine Maria che via via, di trasformazione in trasformazione, giunse fino a noi. Il simulacro della Madonna che si venera attualmente nella chiesetta - che per la sua posizione panoramica domina tutta la Valpolicella occidentale - risale al 1516 e, come dice l'iscrizione, fu fatta eseguire dalla Compagnia di Santa Maria della Valverde del Castello di Marano. Un notevole rifacimento di questo sacello va registrato nel 1682 come si può anche in tal caso rilevare da una iscrizione posta sopra l'altare maggiore. Durante il periodo scaligero Marano ed il suo castello furono infeudati a Federico della Scala, conte della Valpolicella. Per una congiura tramata da Federico nei confronti di Cangrande, il conte venne poi bandito e il Castello di Marano fu abbattuto per non risorgere più. Resti delle strutture del maniero affiorano comunque ancora nei pressi del Castelon e meriterebbero anzi maggiori attenzioni in relazione ad una loro messa in luce. Ricorda Gian Maria Varanini come il Castello di Marano, menzionato per la prima volta (indirettamente) nel 1213, venisse distrutto dal noto terremoto del gennaio 1222. Della successiva ricostruzione non si ha notizia; tuttavia nella seconda metà del Duecento esso era in efficienza e - unico fra i castelli della Valpolicella - sorvegliato permanentemente da una guarnigione.

  Ancora Varanini soggiunge che, anteriormente al 1288, furono svolti lavori imprecisati di rafforzamento ("occasione fortezze castri Marani"); e nel suo testamento del 1339, poi, Federico della Scala ricorda il "laborerium castri mei Marani", espressione che sembra alludere, considerato l'uso del termine "laborerium" che si fa nelle fonti veronesi basso-medievali, ad un intervento di una certa consistenza, da datarsi probabilmente al quindicennio (1311-1325) della "sovranità" di Federico sulla valle; il ricovero in esso di un cospicuo stock di frumento, appartenente ai comuni della Valpolicella; nonché la "diruptio" del castello medesimo (1325, verosimilmente). Da allora, non si ha più notizia di un suo uso a fini militari o residenziali, ma nei primi decenni del Quattrocento, infine, il castello di Marano é ricordato in un elenco di "castra Verone". Insomma i suoi resti dovevano essere ancora ben riconoscibili, se nella visita pastorale di Ermolao Barbaro (metà Quattrocento) la chiesa di santa Maria di Minerbe é ubicata "in Valleversa sive in castro".

         
       

... continua

ritorna ...